L'angolo del professional consumer
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Cina e contraffazione
Viene sfruttato l’effetto “marchio” |
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Se i paesi occidentali sono interessati ad inserirsi con i loro capitali sul mercato cinese, contemporaneamente sono terrorizzati dal potenziale di concorrenza della stessa Cina, il paese asiatico dal canto suo cerca di affermarsi sempre più sui mercati europei in primis, ma applica politiche protezionistiche piuttosto forti. A tal proposito si ricorda come in Cina sia necessario ottenere il marchio “CCC” (certificato Obbligatorio Cinese) per poter commercializzare prodotti di importazione.
Il mercato cinese anche se offre grandi potenzialità allo stato attuale soffre ancora di grossi deficit socioeconomici. Lo stipendio di un professionista è cresciuto di 15 volte mentre il compenso di un contadino neanche della metà. Quindi un libero professionista è in grado di guadagnare circa 1500 dollari al mese mentre un bracciante appena 90 dollari al mese generando un gap prima economico e poi culturale che fa della Cina un paese ancora troppo poco coeso. E non è poco se si considera che la popolazione cinese superi abbondantemente il miliardo e sia ancora prevalentemente appartenente al ceto agricolo.
Ritorna da sé che tutto ciò permette di contenere i costi di produzione facilitando chi delocalizza i centri di produzione ma limita assai chi invece investe in esportazioni dall’Europa, sia in termini di potenziale economico ma e soprattutto in termini culturali relegando la gran parte della popolazione a non poter sviluppare orizzonti di consumo che non superino l’orizzonte della mera sussistenza. La speranza quindi del contadino cinese (che rappresenta ancora a tutt’oggi la figura economica principale) di tirare a fine mese è ancora più aggravata da uno stato sociale pressoché al collasso che fa venir meno il sostegno già precario che lo Stato ha offerto in questi anni di dittatura permettendo così il diffondersi di malattie quali la tubercolosi e la più recente e spaventevole SARS. Ed è proprio questa riduzione considerevole dello stato sociale a favorire una concorrenza basata sul ribasso dei prezzi denominata “dumping” a fronte della quale i paesi occidentali che godono (o soffrono a seconda delle prospettive) di una maggior tassazione del PIL per far fronte ad uno stato sociale riconosciuto (giustamente dal nostro punto di vista) come inalienabile.
In questa prospettiva diventa chiaro come la contraffazione risulti causa del bisogno di imporsi sui mercati esteri sfruttando l’effetto “marchio” che induce l’acquirente alla falsa convinzione che si possano acquistare prodotti di qualità a costi contenuti garantiti dall’apposizione del marchio appunto simbolo di garanzia del prodotto.
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