Si sta sperimentando, con successo, la Risonanza per verificare se i pomodori sono di Pachino o di Pechino, o di un altro luogo.
Si adopera una macchina più piccola ma costosissima e si spera che si possa diffondere in diverse località. Il progetto è finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Mipaf).
Il test non danneggia la frutta o la verdura e serve a certificare l’origine, la varietà e quindi la rintracciabilità del prodotto.
Per ora si fa con i prodotti Igp, ossia con l'Indicazione Geografica Protetta, ma è auspicabile estendere l'analisi a tutti i prodotti.
"Grazie a questa tecnica, che permette di ottenere immagini ad altissima risoluzione di un qualsiasi prodotto agricolo", spiega Massimiliano Valentini, del Cra-Isnp, esperto del progetto finanziato dal Mipaf, "è possibile determinare la morfologia, dunque spessore e diametro, e stabilire alcuni parametri fisici del campione. Studiando pomodori di varietà diverse provenienti da Pachino, Licata e Sabaudia, abbiamo scoperto che, grazie a delle semplici formule, potevamo risalire al tipo di varietà nel 93 per cento dei casi e alla zona di provenienza nell'80 per cento. Un risultato molto buono. Adesso proseguiamo con kiwi, albicocche, pesche nettarine, mele annurche, per formare una banca dati alla quale far riferimento. L'unico limite è che la nostra apparecchiatura non può "scansionare" i vegetali a foglia e neppure i campioni di grandi dimensioni: per il melone infatti abbiamo usato la Risonanza di un ospedale. Il vantaggio di questo sistema, invece, è che non c'è bisogno di trattare prima i campioni e che, dopo il test, non vengono danneggiati tanto che noi i pomodori li abbiamo mangiati".
ACU Piemonte
|