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Quanto spendono i piemontesi?

I consumi delle famiglie piemontesi
  21/12/2005


La famiglia piemontese spende in media 2.421,14 euro ogni mese, l’1,6% in meno rispetto al 2004. Dopo quattro anni di leadership, Biella perde il primato
nella graduatoria regionale


I dati sui consumi delle famiglie piemontesi sono stati presentati oggi, mercoledì 21 dicembre. L’indagine sulla spesa per consumi delle famiglie dei capoluoghi di provincia piemontesi, realizzata dall’Ufficio studi e statistica di Unioncamere Piemonte nell’ambito dei progetti promossi dall’Osservatorio regionale del commercio con il finanziamento della Regione Piemonte, è giunta ormai alla sua quinta edizione. Utilizzando una metodologia già sperimentata dalla Camera di commercio di Torino e prendendo come modello la rilevazione ufficiale Istat sui consumi delle famiglie in ambito nazionale, sono state condotte, in tre distinte settimane dell’anno, alcune rilevazioni su un campione complessivo di 647 nuclei familiari residenti nei capoluoghi di provincia del Piemonte. L’obiettivo della ricerca è analizzare la struttura qualitativa, il livello e l’andamento dei consumi nel tempo, sondando le abitudini di acquisto delle famiglie piemontesi e le loro preferenze nelle scelte di consumo, nella consapevolezza che, anche in un contesto territoriale circoscritto come quello regionale, le abitudini dei consumatori possono essere significativamente articolate e presentare differenze tra i vari territori provinciali.

Dopo il saluto del Vice Presidente Unioncamere Piemonte Alessandro Barberis, che ha scusato l’assenza del Presidente Renato Viale, e dell’Assessore regionale al commercio Giovanni Caracciolo, Roberto Strocco e Sarah Bovini, dell’Ufficio studi e statistica di Unioncamere Piemonte, hanno analizzato nel dettaglio i dati relativi alla spesa delle famiglie piemontesi, rispettivamente per i consumi alimentari e non alimentari. Patrizia Vernoni, della Regione Piemonte, ha poi delineato una possibile relazione fra dinamica della spesa e struttura distributiva. A conclusione dei lavori sono intervenuti il Direttore Commercio e Artigianato della Regione Piemonte Marco Cavaletto e il Direttore di Unioncamere Piemonte Massimo Deandreis.

“Conoscere il livello e la stratificazione della spesa delle famiglie costituisce un presupposto essenziale per le scelte di consumatori e imprese” ha dichiarato Barberis. “Questo contribuisce alla trasparenza del mercato, per la quale le camere di commercio si impegnano attivamente”.

“L’indagine evidenzia una crescente fatica dei piemontesi a mantenere costante il livello dei consumi, difficoltà che si verifica in un periodo nel quale il ricorso al credito al consumo è sempre più frequente. Certo esiste una condizione di bassi salari e di pensioni non più adeguate al costo della vita”, ha commentato l’Assessore Caracciolo, “ma è indubbio, come sostengono gli esperti, che il consumo è figlio di certezze. Per rilanciare i consumi occorre quindi creare un clima di fiducia unito ad aspettative di miglioramento dell’occupazione e dei redditi. Questo è il compito della politica del governo regionale. L’indagine collega il modello di consumo al ceto di appartenenza e si ritorna a parlare di bisogni da soddisfare e non di aspirazioni da ricercare. Obiettivo della politica regionale è quello di rendere il consumo un atto di libera scelta e non legato all’appartenenza ad un ceto sociale”.



I risultati principali delle analisi

La famiglia piemontese spende in media 2.421 euro ogni mese, l’1,6% in meno rispetto all’anno precedente, circa 40 euro in valore assoluto. In una congiuntura economica negativa caratterizzata da prospettive future ancora incerte, le famiglie piemontesi hanno polarizzato le proprie spese verso i beni più strettamente indispensabili e non comprimibili.
La spesa per consumi ha registrato una frenata dovuta ad una serie di circostanze negative. In primo luogo, le famiglie sono convinte di aver perso parecchio potere d’acquisto, anche a causa della risonanza mediatica data agli aumenti dei prezzi di benzina, utenze domestiche, servizi. È una sensazione sociale praticamente unanime quella di affrontare oggi una vita diventata decisamente più cara, e i comportamenti legati ai consumi rispecchiano questa opinione. Inoltre, le famiglie percepiscono che la tanto attesa crescita del reddito derivante dagli sgravi fiscali non è stata così rilevante come si auspicava. Un terzo motivo risiede poi nel fatto che le famiglie piemontesi hanno investito parecchie risorse finanziarie in acquisti immobiliari e si trovano in media con una crisi di liquidità maggiore che in passato. In ultimo, l’incertezza sul futuro tende ad agevolare un comportamento conservativo che mira prevalentemente al risparmio, pur in presenza di tassi molto bassi, quando non nulli o addirittura negativi in termini reali.
L’effetto della riduzione percepita del potere d’acquisto si fonde, inoltre, con un complesso fenomeno di riordino delle priorità sui diversi prodotti e servizi, nel quale si profilano nuove esigenze e nuovi valori insiti nei comportamenti d’acquisto. Aumentano le spese non facilmente comprimibili, legate alle funzioni abitative e comunicative, mentre restano stabili quelle relative al tempo libero e ai divertimenti e diminuiscono le spese per la sanità e i prodotti alimentari, per i quali il consumatore tende a privilegiare un comportamento d’acquisto più attento ad offerte, promozioni, sconti e ai cosiddetti “primi prezzi”.
A livello territoriale, viene scalzato il primato di Biella che perdurava da quattro anni. Le famiglie vercellesi hanno dichiarato mediamente sia spese alimentari che non alimentari superiori a quelle delle altre città, per cui si pongono al vertice della graduatoria di quest’anno. Biella slitta al terzo posto, superata anche dalle famiglie novaresi, che mantengono la terza posizione. Torino e Cuneo, pur rimanendo nelle ultime due posizioni, recuperano il gap rispetto alle altre città.
Nel 2005 si è rilevata una contrazione di circa 50 euro mensili della spesa per i consumi alimentari, che si attesta a quota 307 euro a fronte dei 359 rilevati lo scorso anno. Si tratta di una diminuzione piuttosto consistente (pari, in termini percentuali, al -14,6%), da imputarsi essenzialmente ad una ricerca più attenta dei consumatori verso prodotti alimentari di minor prezzo, o in offerta o venduti presso catene distributive considerate più economiche. Una conferma di questo atteggiamento, segnale di una percezione di perdita progressiva della propria capacità d’acquisto, proviene anche dalle strategie promozionali del settore distributivo moderno: l’aumento dei prodotti alimentari in offerta, pubblicizzati nei vari volantini promozionali e negli spot televisivi è una strategia attenta a toccare le leve psicologiche giuste per attirare il consumatore, che sembra proprio privilegiare i prodotti più economici.



La spesa per consumi alimentari è stata declinata a seconda dell’età del capofamiglia, della sua condizione e posizione professionale, della sua residenza e del reddito dichiarato. È interessante sottolineare quattro aspetti principali:
1. la forbice fra la spesa delle famiglie con capofamiglia “giovane” (di età inferiore ai 65 anni) e quelle con capofamiglia “anziano” (sopra i 65 anni) è notevolmente ampia, quasi 55 euro. Anche la composizione del paniere è differente: le famiglie meno giovani tendono a spendere una quota relativamente maggiore della propria spesa alimentare in frutta e verdura e in latticini, mentre le famiglie più giovani spendono di più in dolci e bevande
2. esiste una differenza di spesa alimentare a seconda che il capofamiglia sia occupato o meno: lo scarto si aggira intorno ai 20 euro mensili (314 euro per le famiglie con capofamiglia occupato, a fronte dei 295 euro dei nuclei con a capo una persona non occupata). Oltre al fatto di possedere o meno un lavoro, è determinante anche la posizione professionale: le famiglie con a capo un imprenditore o un libero professionista spendono mensilmente di più rispetto alle famiglie di impiegati, operai o lavoratori flessibili. Non si tratta probabilmente di un maggior livello di consumo, ma di una scelta qualitativa (e di prezzo) differente
3. anche per le famiglie, oltre che per le imprese, la spesa pro capite per consumi alimentari scende all’aumentare della numerosità dei componenti. Si tratta del “fattore di scala”, ben conosciuto dalle imprese. In altre parole, i single spendono, a livello pro capite, più di una famiglia di due persone, e lo scarto aumenta al crescere del numero dei membri della famiglia. Nonostante l’industria alimentare e la Gdo abbiano già da tempo portato avanti una politica di prodotto basata su porzioni sempre più piccole, i single si trovano (complice anche la deperibilità dei prodotti alimentari) a spendere proporzionalmente di più
4. la spesa per consumi alimentari è in funzione diretta del reddito disponibile. È utile precisare che si tratta del reddito familiare e non di quello medio, per cui un reddito alto non significa automaticamente agiatezza, ma molto più probabilmente corrisponde a situazioni familiari con più entrate e più persone che lavorano. Senza tener conto di questo preambolo si potrebbe rilevare una straordinaria differenza, pari a circa 100 euro, fra i consumi alimentari dei redditi alti e di quelli bassi, argomentando quindi un’eccezionale disuguaglianza sociale. Pesando i dati con la numerosità familiare (che nelle famiglie con reddito alto è poco meno del doppio rispetto alle famiglie con reddito basso), la situazione si re-equilibra decisamente, addirittura con una spesa pro capite maggiore per le famiglie con reddito basso rispetto alle altre.

Le spese per l’abitazione costituiscono anche nel 2005 il capitolo più importante del budget della famiglia piemontese. I costi per l’affitto, le spese condominiali, l’assicurazione per furto e incendio e l’imposta sui rifiuti ammontano complessivamente a 651 euro mensili contro i 604 dello scorso anno. La quota sui consumi complessivi è del 26,9%, in crescita rispetto al 2004, quando il peso delle uscite per l’abitazione era del 22,5%. Per confrontare i comportamenti di spesa delle famiglie in affitto con quelli delle famiglie che occupano abitazioni a titolo di proprietà, e per uniformarsi alla metodologia utilizzata dall’Istituto statistico nazionale, al canone di locazione viene comparato un fitto figurativo (pari a quanto le famiglie proprietarie o che occupano l’abitazione a titolo gratuito dovrebbero pagare se fossero in affitto). Anche nel 2005 emerge come la tendenza delle famiglie piemontesi sia quella di acquistare l’abitazione: solo il 26% del campione, infatti, vive in una casa in affitto. La percentuale di locatari raggiunge il minimo regionale nella provincia di Biella (12,9%) e si attesta sul valore massimo a Torino, dove più di una famiglia su tre vive in una casa in affitto. All’interno delle spese classificate direttamente come “abitazione” figurano anche i costi condominiali, mediamente pari a 51,93 euro mensili, quelli per l’assicurazione della casa (21,08 euro mensili) e le uscite per l’imposta sui rifiuti (37,60 euro mensili).
L’utilizzo di un’abitazione comporta inoltre dei costi per le utenze domestiche, che rappresentano circa il 7,2% dei consumi totali. La spesa mensile per combustibili, gas, acqua e riscaldamento autonomo e centralizzato è di 173,66 euro mensili, con un picco di 237 euro a Vercelli. Con 237,96 euro mensili, arredi, apparecchiature e servizi per la casa impegnano infine il 9,8% del budget familiare, quota in crescita rispetto allo scorso anno, quando il peso esercitato sui consumi complessivi era dell’8,4%. La diversificazione territoriale appare piuttosto significativa: a Vercelli si spendono mediamente 441,85 euro mensili, mentre ad Alessandria si raggiungono appena i 130 euro.
Le spese per l’abitazione, le utenze domestiche e i costi per arredi, apparecchiature e servizi per la casa sono indubbiamente connesse alle caratteristiche delle famiglie. Imprenditori e liberi professionisti sono la categoria professionale che spende di più per l’affitto, le spese condominiali, l’assicurazione per furto e incendio e l’imposta sui rifiuti (1004 euro mensili), mentre per i medesimi capitoli di spesa un operaio vede uscire dalla propria cassa familiare 574,29 euro al mese. Per i combustibili sono gli impiegati a spendere la cifra più bassa (166 euro), mentre per gli arredi i dirigenti attingono dal budget familiare in maniera rilevante, spendendo ben 680 euro mensili.
Al netto dell’acquisto di autoveicoli, la famiglia piemontese ha sostenuto nel 2005 spese mensili pari a 343 euro per trasporti e comunicazioni, una fetta del budget familiare pari al 14,2%. Il costo mensile per carburanti risulta pari a 96,58 euro; se a questo dato si aggiunge il prezzo pagato per autolavaggio, parcheggi ed autostrada, il valore sale a 101,5 euro mensili. La seconda spesa in ordine di importanza, legata al settore trasporti, è quella sostenuta per il pagamento di bollo e assicurazione auto: l’importo complessivo mensile è di 77,1 euro. Questo dato si incrementa in misura significativa se il valore medio viene calcolato non sul totale delle famiglie, ma sul numero complessivo di quelle che hanno dichiarato di pagare bollo e assicurazione. In questo secondo caso la spesa media si attesta sui 93,4 euro.
Al capitolo comunicazione (telefono fisso, cellulare, collegamento ad internet) la famiglia piemontese dedica mediamente 101,5 euro al mese. All’interno di questa categoria di spesa si scorporano 45,8 euro per il telefono fisso, 41,7 per il cellulare, 6,4 euro per il collegamento ad internet e qualche altra risorsa per l’eventuale acquisto di un nuovo apparecchio telefonico fisso o mobile.



Nonostante l’incremento di alcuni costi non comprimibili nel bilancio della famiglia piemontese c’è ancora spazio per tempo libero e divertimenti: la fetta di budget dedicata a questa tipologia di consumo passa infatti dal 4,3% dello scorso anno al 4,5% del 2005. All’interno di questa categoria sono ricomprese voci eterogenee che vanno dall’acquisto di alcuni beni durevoli, quali ad esempio la macchina fotografica, all’utilizzo di svariati servizi come cinema, spettacoli e attività sportive. Nel 2005 la famiglia media piemontese ha dedicato al tempo libero circa 110 euro al mese.



Focus sui comportamenti di consumo

Il commercio equo e solidale si configura come un settore in continua evoluzione, che cresce a ritmi lenti ma costanti, con associazioni che, pur rimanendo di medie dimensioni, danno vita a gruppi che si inseriscono capillarmente sul territorio. In Piemonte più di un terzo delle famiglie del campione ha dichiarato di consumare prodotti del commercio equo e solidale: nello specifico, il 31% ha sostenuto di acquistarli qualche volta, mentre il 3% li consuma con regolarità. A livello territoriale, le famiglie astigiane e cuneesi sembrano le più sensibili al fenomeno, con quote rispettivamente pari al 55% e al 47% del campione provinciale.

Dall’analisi dei comportamenti dei consumatori piemontesi rispetto ai prodotti biologici emerge che, come lo scorso anno, circa 2 famiglie su 3 acquistano, più o meno regolarmente, questo tipo di prodotti; di queste, la quasi totalità (l’88%) destina a tale spesa una piccola quota del proprio budget. Non si è notata, rispetto al 2004, una tendenza verso un maggior utilizzo del biologico, che rimane un prodotto di nicchia; l’esigenza di trasparenza e qualità sembrerebbe essere soddisfatta anche dai distributori della Gdo, che promuovono i prodotti della loro “filiera qualità”. I maggiori fruitori dei prodotti biologici rimangono le persone anziane, che fanno maggior attenzione alla qualità del proprio cibo, e le famiglie che destinano tali prodotti all’alimentazione dei figli. I prodotti biologici più diffusi sulle tavole dei piemontesi risultano la frutta, la verdura e i succhi di frutta, ma si segnalano anche marmellate, farina, pasta, yogurt, cereali, riso e miele.

In un panorama dei consumi tendenzialmente stazionario a livello nazionale, si è assistito in questi ultimi due anni ad una crescita sostenuta del credito al consumo. Il 18,5% delle famiglie ha dichiarato di ricorrere, saltuariamente o frequentemente, al pagamento rateale dei propri acquisti. Si tratta della stessa percentuale dello scorso anno, con la medesima correlazione con l’età del capofamiglia: sono maggiormente predisposte le famiglie giovani rispetto a quelle più anziane, nelle quali acquistare a rate ha ancora connotati psicologici negativi. Indagando le motivazioni che hanno portato alla scelta dell’acquisto rateale, il campione si è diviso quasi equamente a metà, con il 56% che ha dichiarato di aver acquistato a rate poiché altrimenti non avrebbe potuto, contro il 44% che ha effettuato tale scelta perché comoda e conveniente. Tali percentuali si polarizzano in base alla variabile reddito: per le famiglie con reddito elevato, l’acquisto rateale rappresenta prevalentemente una comodità, mentre per quelle con reddito basso è una necessità, senza la quale non ci sarebbe l’acquisto.

A seguito dell’incremento degli utenti di internet, le dimensioni degli acquisti on line cominciano a diventare rilevanti: ad oggi si può affermare che, fra i 18 milioni di navigatori, ci sono più di 3 milioni di italiani che fanno acquisti in rete. Analizzando l’andamento del fenomeno a livello regionale, si osserva come le famiglie piemontesi abbiano manifestato un buon grado di apertura verso questo canale: il 15% del campione ha infatti effettuato saltuariamente acquisti on line nell’ultimo anno precedente la rilevazione, mentre l’1% ha fatto ricorso frequentemente al canale dell’e-commerce. Sono apparse più fiduciose nei confronti del commercio elettronico le famiglie di Asti e Torino, le coppie con figli e i nuclei più giovani. Impiegati, imprenditori e lavoratori in proprio sono le categorie professionali più attente a questo sistema innovativo di vendita, che gode di maggiori preferenze tra le famiglie con redditi medi o elevati. Per quanto riguarda la tipologia di prodotti, si acquistano prevalentemente libri, cd, abbigliamento e attrezzature sportive; internet viene usato anche per la prenotazione di vacanze, l’acquisto di biglietti aerei e per il pagamento dell’assicurazione auto e delle ricariche telefoniche; infine, seppur in forma più sporadica, si è ricorsi all’e-commerce anche per l’acquisto di prodotti alimentari.


Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa e Relazioni esterne Unioncamere Piemonte
Grace De Girolamo, Annalisa D’Errico
Tel. 011 5669271-70, E-mail ufficio.stampa@pie.camcom.it


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