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Norme ambientali

La situazione in Italia
  16/09/2005


Quando si tratta di applicare norme europee in materia di ambiente l’Italia risulta essere poco sollecita: tale atteggiamento comporta la conseguenza che molte direttive vengono attuate male o con ritardo, le sentenze della Corte di Giustizia non sono eseguite e alcune norme vengono semplicemente ignorate. Stante la situazione descritta la Commissione Europea si è vista costretta ad intervenire più volte, attraverso l’invio di diverse lettere di ammonimento, invitando l’Italia al rispetto del diritto europeo.


In particolare sono 17 i casi in cui le norme europee sono state violate dall’Italia: ciò ha comportato l’invio, da parte della Commissione Europea, di 17 lettere di ammonimento. In molti casi si tratta del così detto “parere motivato” o secondo avvertimento che, laddove non osservato, porterà la Commissione Europea a presentare un esposto alla Corte di Giustizia la quale, accertate le violazioni, potrà comminare delle sanzioni. Il problema nasce proprio dal fatto che le direttive, all’interno degli stati europei, non si traducono automaticamente in legge ma, per essere applicate, necessitano di una legge che le traduca in norme nazionali. In particolare negli ultimi tre anni sono state emanate almeno due direttive molto importanti:

1. direttiva 2002/49/CE in tema di rumore (questa avrebbe dovuto essere recepita nel nostro paese entro il mese di luglio 2004), la quale introduce norme comuni per evitare o ridurre gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore ambientale; inoltre impone agli stati membri di tutelare il diritto del pubblico ad essere informato e consultato;

2. direttiva 2003/4/CE sull’accesso al pubblico alle informazioni ambientali (che avrebbe dovuto essere recepita dal nostro paese entro il mese di febbraio u.s.), che stabilisce il diritto dei cittadini di accedere alle informazioni ambientali detenute dalle pubbliche autorità (ad esempio i dati sullo stato dell’aria, dell’acqua, del suolo, l’impatto delle emissioni sulla salute e i risultati delle valutazioni di impatto ambientale), riduce i tempi entro i quali le autorità devono presentare le informazioni richieste (da due ad un solo mese) e chiarisce la nozione di “informazione ambientale”.


Un’altra norma non attuata entro i termini stabiliti (ovvero il mese di luglio 2004), è la direttiva sulla Valutazione ambientale strategica (VAS, direttiva 2001/42/CE), che stabilisce l’obbligo per le autorità nazionali di valutare gli effetti sull’ambiente di piani e programmi su vasta scala (ad esempio quelli sui trasporti), così da ridurre la possibilità di danni ambientali.

Altro discorso è invece quello relativo alle direttive che, sebbene recepite nei termini, non sono state attuate in modo corretto: ne sono un esempio la direttiva 75/442/CE sulla gestione dei rifiuti e la Direttiva 2000/53/CE sui veicoli fuori uso. Ci sono però anche delle buone notizie, ovvero alcuni casi sollevati dalla Commissione Europea che sono stati definitivamente archiviati, essendosi l’Italia messa in regola con il dirito europeo sebbene con alcuni anni di ritardo. Ne sono un esempio:

- la direttiva 96/59 relativa al trattamento e allo smaltimento dei Pcb/Pct, sostanze chimiche che per la loro tossicità e tendenza ad accumularsi nei tessuti rappresentano una particolare minaccia per l’ambiente e la salute. La direttiva prevede che gli Stati adottino e comunichino alla Commissione piani per la decontaminazione e lo smaltimento sicuri delle apparecchiature conteneti queste sostanze;

- la direttiva 86/278 sui fanghi di depurazione in agricoltura, la quale impone un controllo sulla qualità degli stessi così da evitare l’accumulo di materiali pesanti nel terreno;

- la direttiva 1999/22 inerente alcuni aspetti della gestione dei giardini zoologici, in particolare licenze ed ispezioni all’interno degli stessi per garantire la conservazione della biodiversità.

Conformarsi alla legislazione ambientale dell’UE riteniamo sia di fondamentale importanza, affinché in tutti gli stati membri siano osservati e riconosciuti a tutti i cittadini gli stessi diritti in materia di salute e di benessere.


Fonte: Il Salvagente

Torino, lì 14 settembre 2005 ACU Piemonte

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