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Perché buttare i rifiuti domestici se c’è chi li compra? Dall’idea di un amministratore piemontese il progetto di una rete di negozi in tutta Italia: il cittadino vi porta i materiali riciclabili e ne esce con qualche soldo. Un incentivo concreto alla raccolta differenziata.
L’idea è l’uovo di Colombo. Una banalità, certo, ma supportata da intelligenza e da una buona dose di coraggio: acquistare i rifiuti direttamente dai singoli cittadini. “Capirai!”, dirà qualcuno, in fondo le cartiere lo fanno da anni. Già, ma in questo caso si tratterebbe di veri e propri negozi dislocati in tutta Italia. Negozi che, invece di vendere, comprano: il cittadino entra, lascia i suoi rifiuti e viene pagato all’istante. L’uovo di Colombo, appunto. Quando infatti il navigatore genovese tornò dal Nuovo Mondo, alcuni notabili spagnoli durante un ricevimento gli fecero notare che in fondo un’impresa come la sua avrebbe potuto compierla chiunque. Colombo non si scompose e sfidò tutti a far stare un uovo in equilibrio sul tavolo. Nessuno vi riuscì, tranne lui: gli bastò dare un colpetto all’uovo provocando una piccola ammaccatura alla sua base. “Non vale! – protestarono i notabili – Avremmo potuto farlo anche noi”. “La differenza – replicò Colombo – è che voi avreste potuto farlo, ma io l’ho fatto”. La stessa cosa può dirla Roberto Gravinese, 42 anni, assessore comunale a San Gillio, vicino a Torino nonché consulente di Recoplastica, impresa che smaltisce i rifiuti delle aziende valorizzando, nel contempo, i loro prodotti di scarto. Partendo dalla sua esperienza nel settore, Gravinese ha avviato un progetto ambizioso che, se funzionerà, potrebbe creare un vero e proprio terremoto nel mondo dei rifiuti: nella mentalità dei cittadini, innanzitutto; ma anche nel business che ruota intorno all’immondizia e che alimenta spesso sprechi di denaro pubblico, con conseguente aumento delle tasse di raccolta e smaltimento. Un business che per giunta, in molte parti d’Italia, diventa spesso una succulenta preda di organizzazioni criminali.
Signor Gravinese, com’è nata l’idea?
Considerando l’obbligo della raccolta differenziata imposto dai Comuni. Intendiamoci: è un obbligo sacrosanto, per il bene dell’ambiente. Ma non è giusto fa lavorare i cittadini facendo loro differenziare i rifiuti e poi aumentare le tasse di raccolta e smaltimento, come accade puntualmente ogni anno nella maggior parte dei Comuni.
E allora?
E allora abbiamo detto: apriamo un negozio nel quale i cittadini possano portare il frutto del loro “lavoro” di differenziatori, come carta, plastica e alluminio, che noi paghiamo loro tenendo conto delle quotazioni correnti dei materiali e che poi rivendiamo alle aziende che riciclano. Ovviamente si tratta di un piccolo contributo, ma per i cittadini è sempre meglio che gettare i rifiuti nella spazzatura.
Possibilità di successo?
L’idea è di creare una rete di franchising. A giugno, quando l’abbiamo lanciata, ci sono arrivate in pochi giorni un centinaio di adesioni; a luglio erano 320 e oggi sono circa mille da tutta Italia. Giudichi un po’ lei…
Ma quando diventeranno operativi i negozi?
Siamo ai nastri di partenza: il prossimo 13 settembre, a Moncalieri, si terrà un meeting con tutti i mille potenziali aderenti. Illustreremo il progetto e poi i nostri professionisti incominceranno a lavorare per mettere in piedi la rete. Apriranno a breve i negozi di Moncalieri, San Gillio e Santena, nel Torinese, poi Messina e, tra il 2008 e il 2009, tutti gli altri, man mano che i Comuni concederanno le autorizzazioni.
Beh, i Comuni non dovrebbero certo mettervi i bastoni fra le ruote…
In teoria no, a meno che non vogliano continuare ad alimentare gli “stipendifici” ai quali si sono ridotti numerosi consorzi di raccolta e smaltimento. Ecco, da questi ultimi sì che mi aspetto problemi… Ma noi tiriamo dritto. Del resto non vedo che fastidio potremmo dare alla pubblica amministrazione. Anzi! Il nostro è un progetto democratico: il nostro obiettivo primario è la salvaguardia dell’interesse dei cittadini, quindi perché dovrebbero ostacolarci, dal momento che puntiamo allo stesso risultato?
E se invece lo facessero?
In tal caso tutte le sedi individuate per i negozi della rete diventerebbero altrettante sedi di partito.
Quale partito?
“L’Italia che pensa”: l’abbiamo fondato a giugno e io ne sono il segretario gretario nazionale. A breve vi confluiranno una settantina di amministratori di tutta Italia, uscendo dai rispettivi movimenti politici.
Area politica?
Centro.
Va beh… Ma non suona un po’ strano mescolare un progetto “democratico” come il suo con la politica?
E perché? E poi nessuno intende mescolare le due cose. Dico solo che se tenteranno di fermarci non ci faremo intimidire. Potranno fermare Roberto Gravinese ma non i mille cittadini che hanno aderito al progetto e tutti gli altri che vi aderiranno in futuro.
I rifiuti sono spesso un business per la malavita organizzata e il suo progetto potrebbe dare fastidio anche in certi “ambienti”. Ci ha pensato?
Altrochè! Il nostro sistema consentirebbe la tracciabilità del rifiuto e il controllo dello smaltimento, contrastando gli abusi.
Paura?
Beh, sono un padre di famiglia… Ma sono altresì convinto della validità del progetto. Un progetto di servizio alle fasce più deboli della popolazione, di rispetto dell’ambiente e di valorizzazione delle risorse. Ribadisco: un progetto democratico. Mi auguro davvero che tutti ci diano una mano, a cominciare dalle istituzioni
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informaconsumatori n° 7 - settembre 2008 pag.4 |
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