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<  Il risparmio tradito®  ~  I fondi comuni non sono ristoranti.

admin
Inviato: Gio Feb 21, 2008 12:47 pm Rispondi citando
Site Admin Registrato: 04/12/07 09:57 Messaggi: 70 Residenza: Grugliasco (Torino)
Più stelle, più garanzie?
I buoni rendimenti passati sono spesso specchietti per le allodole

Abbondano le classifiche e le valutazioni del risparmio gestito, che vorrebbero misurare la qualità dei prodotti. Sono però inutili per scegliere a chi affidare i propri soldi: gestori e gruppi di controllo cambiano più spesso degli chef. E il cibo cucinato è quasi sempre indigesto.

A fine anno sono uscite le edizioni aggiornate delle varie guide dei ristoranti: Michelin, Espresso, Gambero Rozzo (interessante, da non confondere col Gambero Rosso!) ecc. Gli appassionati sono subito andati a cercare i nuovi ristoranti con stelline e sui giornali sono apparsi i soliti articoletti su chi nel 2008 è stato premiato o bocciato. Alcune di queste guide sono peggiori di altre, le valutazione
di alcuni locali sono sicuramente dovute a bustarelle o errori di stampa, ma nel complesso le ndicazioni fornite sono abbastanza correlate con la qualità dei singoli ristoranti.
Di regola si può fare affidamento che i ristoranti coi voti massimi siano gastronomicamente migliori di quelli coi voti più bassi.
Ma qui non vogliamo parlare di ristoranti, bensì di fondi comuni o anche fondi pensione. Anche per questi vengono pubblicate classifiche, di cui le più note sono di Morningstar, che assegnano un diverso numero di stelline ai singoli fondi. A tali classifiche il giornalismo economico italiano, il cui livello sui temi del risparmio non è basso bensì infimo, dà molto credito e molto spazio. Così parecchi risparmiatori sono (stati) convinti, che tali classifiche siano attendibili per scegliere a chi affidare i propri soldi.
Invece sono prive di ogni utilità.

Per capire il perché, occorrono però alcune precisazioni, scontate per chi è del settore, ma indispensabiliper chi non è esperto della materia.

Primo: la stragrande maggioranza dei fondi comuni ha come obiettivo investire in uno o più determinati mercati. Per esempio nelle azioni italiane o nei titoli di stato in euro.
Questo è scritto nel regolamento del fondo e spesso si evince addirittura dal suo nome.

Secondo: l’operato del gestore va valutato rispetto ai risultati medi del mercato, cioè della categoria di titoli, in cui investe. Per cui un fondo azionario italiano con una performance del 10% nel 2006 fu un vero disastro, visto che le azioni italiane quell’anno resero il 20,4% netto.

Terzo: la normativa ha imposto ai fondi di dichiarare nero su bianco qual è il loro parametro oggettivo di riferimento, il cosiddetto benchmark, che deve avere una certa coerenza con la politica d’investimento del fondo stesso.



Peggio che al casinò.

Contro l’introduzione dell’obbligo del benchmark la principale associazione dei gestori (Assogestioni) fece nel passato fuoco e fiamme, consapevole che con esso sarebbero venute più facilmente alla luce le magagne dei fondi gestiti dai suoi soci.
Infatti il benchmark fornisce un riferimento immediato per rispondere alla domanda: il risparmio gestito procura vantaggi o causa danni ai risparmiatori?
È una medicina efficace o un farmaco dannoso?
Una risposta si ottiene per esempio dall’annuale ricerca di Mediobanca e in particolare dall’ultima edizione: “Dati di 1200 Fondi e SICAV italiani (1984-2006)”, ottenibile gratuitamente anche in versione
cartacea dall’indirizzo Internet www.mbres.it.
Infatti essa passa al vaglio o, meglio, al tritacarne il sistema dei fondi comuni italiani, che ne esce a pezzi.
Per esempio risulta che, considerando il 91% dei patrimoni dei fondi italiani, tutti i gestori esaminati, compresi quelli noti per le loro continue stucchevoli vanterie, sono complessivamente in perdita per la maggior parte dei soldi gestiti, sempre rispetto ai relativi benchmark, da loro stessi scelti.
Ovvero sono in deficit rispetto ai mercati finanziari. Ossia hanno ottenuto mediamente meno dei risparmiatori che hanno investito da sé. Abbiamo quindi un’ulteriore conferma del fatto che il risparmio gestito è come una medicina che nella maggior parte dei casi fa stare peggio chi la prende.
In particolare nel 2006 solo il 14% dei fondi ha battuto il benchmark, che è già una vergogna, e tale percentuale scende a livelli infimi estendendo il confronto agli ultimi cinque anni.
Paradossalmente è più facile vincere alla roulette, scommettendo sulle cosiddette chances simples.
Chi punta per esempio sul rosso (o sul nero, sul pari, sul dispari ecc.) ha 2,7% di probabilità di vincere

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informaconsumatori n° 7 - gennaio - febbraio 2008 pag. 14
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