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La crisi che dal 2007 impazza per il mondo mostra come la gestione efficiente dei soli fattori capitale/lavoro, risulti insufficiente a governare l’efficienza dell’intero sistema produttivo.
Dentro un sistema economico, circolare e continuo, il rapporto che allinea produzione e consumo rende necessario istituire sinergie di processo tra gli operatori operanti, per tenere fluido il meccanismo dello scambio domanda/offerta e rimuovere le aporie che si generano nelle fasi negative del ciclo produttivo.
Fin quando l’automazione dei processi e l’innovazione tecnologica hanno espanso la capacità produttiva delle imprese, riducendo nel contempo l’impiego di lavoro, quei gestori dei fattori della produzione passavano all’incasso: efficaci gli input, buono l’output.
Quando quella sovraccapacità genera un eccesso di offerta non smaltito dall’insufficienza del reddito - risultato della riduzione del costo del lavoro, della contrazione dell’offerta di lavoro, della precarietà di quel lavoro - la produttività di quel produrre collassa.
Fin quando il credito ha rifocillato l’insufficienza di quei redditi, consentendo ai Consumatori di smaltire l’offerta, si è confezionata la crescita, si è generata ricchezza: efficace l’input, buono l’output.
Quando il debito supera il livello di guardia ed il credito si mostra inattingibile si contrae la domanda, l’offerta torna invenduta; si svaluta il valore di quei beni, si riduce la crescita, viene bruciata ricchezza. Gli output: dalle stelle alle stalle.
Quando, insomma, risulta alterato proprio quel rapporto tra la quantità dei fattori impiegati e le quantità di prodotto ottenuto e consumato, la necessità di un coordinamento nella gestione dei fattori di produzione e consumo torna a farsi prepotente.
I gestori della produzione e quelli del consumo hanno la necessità di calibrare nuove azioni operative sul mercato; mettere a regime le risorse di ruolo, comporre sinergie per recuperare l’empasse.
Ai Produttori tocca raddrizzare i modi del loro fare.
Rendere efficiente l’impiego delle riserve di capitale*: se si teme di investire per produrre invenduto sottraendo denaro alla crescita, si investa per vendere l’eccesso già prodotto; riducendo il prezzo di quelle merci torneranno sufficienti redditi insufficienti, troverà ristoro il potere d’acquisto, mitigato il debito.
Si potrà consumare, si potrà tornare a produrre, a lavorare, a crescere, a guadagnare.
Eggià, smaltire l’invenduto restituisce scarsità alle merci, ripristinandone il valore; l’impresa riacchiappa scampoli di capacità competitiva.
Anche ridurre l’impiego di quegli strumenti di reflazione, ormai inefficaci nel sostenere la domanda per contenere i costi, è utile; migliora gli utili.
Ai Consumatori tocca produrre domanda, la risorsa più appetibile sul mercato, altro che acquistare quel che si trova.
Buona per sottoporre a controllo qualità e quantità dell’offerta, migliorare la redditività del reddito disponibile; rendere ineffettuale pubblicità e marketing nel confezionare il prodotto, come pure il ricorso al credito: si accorciano ipertrofiche filiere produttive, si contengono costi e prezzi.
Prodotti domandati, eco-compatibili, limitano l’impiego delle risorse naturali, contraggono i volumi di smaltimento, contengono i costi per i Produttori e il prezzo per i Consumatori; migliora pure la produttività sociale del mercato, magari solo un pizzico.
Il riequilibrio, poi, della propensione al consumo tra chi ha più e spende meno di chi ha meno e spende di più, elimina ristagni di reddito, rimette in circolo denaro, dispone una maggiore capacità di spesa di chi sovracquista per aggredire l’eccesso di offerta. Tornato l’acquisto si riproduce, aumentano gli utili di impresa, viene fornita spinta allo sviluppo economico.
Tal riequilibrio, non una imposta patrimoniale cheppur non rimette il debito, deve disporre una diversa allocazione delle risorse economiche tra gli stessi operatori del consumo.
Riequilibrare proprio la capacità di spesa riattiva il circuito della crescita; quella crescita che sostiene le entrate fiscali che risanano quel debito: due piccioni con una fava!
* Le aziende americane continuano ad accumulare liquidita'. Nel secondo trimestre le loro riserve sono salite del 4,5% a 2.047 miliardi di dollari. Si tratta del livello maggiore dal 1945. Lo riporta la Fed. (ANSA 16/09/11)
Mauro Artibani
Per approfondire il tema trattato: PROFESSIONE CONSUMATORE
Paoletti D’Isidori Capponi Editori
Marzo 2009
www.professionalconsumer.splinder.com
www.professioneconsumatore.org |
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