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L’ingegneria genetica è una grossa risorsa per il pianeta, ma c’è ancora troppa confusione in campo normativo. Manca un’adeguata divulgazione
Giovanni Minuto, docente di genetica agraria all’Università di Genova e direttore del Centro di sperimentazione e assistenza agricola di Albenga (SV), ci aiuta a dare un giudizio tra la tecnica e l’etica.
- Professore, sì o no agli ogm?
Allo stato attuale delle cose dico no. Non c’è dubbio che l’ingegneria genetica sia una risorsa fondamentale per il nostro pianeta e molti problemi che lo attanagliano: permette la creazione dei farmaci e potrebbe davvero avviare un processo di riduzione della fame nel mondo. Ma la normativa attuale a riguardo non rispetta la natura e l’etica umana, quindi mi porta a essere contrario.
- Quali sono i problemi etici che questa normativa porta con sé?
La produzione degli ogm è in mano a pochi, quando è invece la comunità che dovrebbe essere proprietaria del seme. Inoltre, utilizzati in questo modo, gli ogm vanno a minare la sopravvivenza dei prodotti tipici locali, risorsa troppo importante per essere minacciata.
- Che cosa risponde alle parole del professor Veronesi: “Sceglierei sempre, se potessi, il mais transgenico”
Che certi ogm siano più sicuri è vero: sono creati in laboratorio, controllati, protetti dai parassiti. Le uova transgeniche, per esempio, sono molto meno a rischio di salmonella di quelle naturali, e così il mais è controllato nella quantità di aflatossine. Ma non si può generalizzare questo ragionamento, le problematiche di cui parlavo prima restano.
- Un parere sulla normativa dell’Unione europea?
È sicuramente più restrittiva rispetto a quelle di altri Paesi, è mirata alla tutela del consumatore. Non permette la coltivazione di ogm sul territorio europeo, basti pensare al caso del Piemonte di pochi anni fa: interi campi coltivati a mais transgenico vennero distrutti. Permette però, senza la necessità di indicarlo in etichetta, un massimo di 0,9% di ogm nel prodotto: non è una quantità così bassa come sembra.
- In quali cibi è più probabile trovare tracce di ogm?
Soprattutto negli alimenti confezionati: dalle merendine ai piatti pronti. Ma anche nella carne, vista la diffusione dei mangimi animali transgenici. In generale non si può mai essere sicuri della provenienza delle materie prime, a meno che sull’etichetta non sia indicata l’intera “tracciabilità” del prodotto, il suo percorso completo tappa per tappa, dall’origine al confezionamento.
- Come risolvere il problema della poca informazione comune sull’argomento?
I consumatori devono sapere a cosa vanno incontro per scegliere consapevolmente, ma su questi temi, al di là dei documenti scientifici, non c’è una vera divulgazione. Proprio per supplire a queste mancanze, per proporre un’informazione semplice e corretta, stiamo portando avanti il progetto di un “Tg agricoltura” sul satellite: speriamo di realizzarlo al più presto
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informaconsumatori n° 6 - luglio/agosto 2008 pag. 9 |
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