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<  Il consumo come professione  ~  ECCO, I GRECI PER ESEMPIO

Mauro Artibani
Inviato: Lun Giu 22, 2015 9:34 am Rispondi citando
Registrato: 20/03/08 12:05 Messaggi: 676
Se vai al mercato con la sporta vuota, i bisogni insoddisfatti e non trovi la merce che ti serve, torni a casa bisognoso. Bisognoso resti pure se trovi merce ma ti mancano i denari sufficienti ad acquistare quel che ti serve.
Stesso risultato. Non lo stesso tornaconto però per gli altri agenti del mercato: nel primo caso i produttori hanno venduto e guadagnato, nel secondo invece non hanno venduto, hanno anzi dissipato ricchezza.
Se poi ad alcuno venisse di pensare come la povertà sia l'equivalente della dipendenza dal bisogno, beh.... la cosa è nota ai bisognosi.
L'abbiente, invece, fa finta di niente ma si sbaglia di grosso: quel "grasso che gli colava di dosso", per dar ristoro a chi non ha, non cola più.
E qui viene il bello: l'Economia dei Consumi non ammette il bisogno, anzi per funzionare lo esclude; la strutturale sovraccapacità che la impalla lo impone. Per smaltirla occorre acquistare oltre il bisogno, per fare quella spesa non s'ha da essere bisognosi.
Dentro questo sistema circolare e continuo, per stare in equilibrio quanto viene prodotto deve essere acquistato. Viene cosi ottimizzato l'impiego dei fattori produttivi che per cotanto fare vanno tenuti a libro paga, pure di quelli che fanno la spesa.
Già, per tenere attivo il ciclo, dentro quel sistema, c'è chi lavora per produrre e chi deve farlo per consumare quanto prodotto.
Là, dove becca remunero l'esercizio del produrre e viene a mancare quello del consumare, si rischia il crak.
Ci sono aree disomogenee nel mondo dove più si produce ed altre dove più si consuma e magari hanno pure un'unica moneta: ecco.. in Grecia per esempio. Lì mancano di poter fare la spesa; mancando già di produrre, quanta sarà la ricchezza generata per poter pareggiare i conti ed ancor più rimettere il debito?
Così i Greci rischiano il default sul debito. Per tutta risposta i creditori chiedono una riduzione delle pensioni, un intervento sul mercato del lavoro, un aumento dell'Iva.
Meno denaro, insomma, per fare la spesa, più alto il costo della spesa: Bella, no?
Se tra quelli che fanno la spesa chi consuma fa il 60% della crescita e chi produce il 20%, quel 60 avrà pure un valore. Eccome. Olè, se vi è più valore nell'esercizio del consumare che in quello del produrre, questo valore deve fare prezzo altrimenti resterà solo di attendere i miracoli.
Quegli stessi miracoli che sembrano fare la crescita dell'economia spagnola, sfidando le leggi delle gravità, con un tasso di disoccupazione al 24% ed i redditi da lavoro compressi ogni ragionevole dire. Okkio però: il tasso di risparmio in Spagna è sceso dall'11.5% prima della crisi, al 4.3% dello scorso anno. Eggià, se non esistono pasti gratis, figuriamoci i miracoli!
A meno che la deflazione che impazza in Spagna abbia rifocillato quel disastrato potere d'acquisto. Un vero miracolo!
Ecco, appunto, la deflazione: un modo possibile per riallocare la ricchezza a quegli attori economici che hanno bisogno.
Epperchennò pure confermare la regola: non si può essere bisognosi dovendo acquistare ben oltre il bisogno per fare la crescita.

Mauro Artibani
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