Il trucco c’è, ma senza inganno
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difficoltà. Il campo alimentare è
quello che in misura maggiore è sta-
to interessato da questo tipo di com-
mercio alternativo: caffè, biscotti,
confetture sono gli esempi più rile-
vanti; ora, tuttavia, sembra esserci
una nuova tendenza, ovvero utilizza-
re oli naturali per prodotti cosmetici.
E così le tante “Botteghe del Mon-
do” – associazioni no profit che ven-
dono prodotti equo-solidali – si sono
riempite di creme, shampoo, saponi.
La prima sperimentazione in questo
campo si deve al marocchino Hassan
Bajaj, un manager Nokia che qual-
che anno fa decise di aprire a Roma
una Bottega del Mondo per vendere
prodotti
per
l’igiene e la cura
del corpo com-
posti da materie
prime prodotte
nel suo paese
d’origine.
In
particolare, con
questo progetto
è stato dato lavo-
ro a molte donne
marocchine, im-
pegnate nella raccolta del frutto del-
l’Argania Spinona, da cui si ricava il
preziosissimo olio di Argan, molto
usato nelle creme per le sue proprie-
tà antiossidanti ed emollienti.
L’esperimento riscosse molto suc-
cesso e oggi, in Italia, varie sono le
case produttrici di cosmetici equo-
bio, che utilizzano alternativamente
materie prime provenienti da paesi
orientali, dal Messico, dall’Africa e
dal Sudamerica, sfruttando al meglio
le peculiarità e aumentando l’occu-
pazione in queste zone. Oltre al-
l’aspetto della solidarietà, non biso-
gna sottovalutare l’attenzione che
queste case pongono nella ecocom-
patibilità dei prodotti: l’utilizzo di
ingredienti base naturali assicura il
rispetto dell’ambiente, dal momento
che l’assenza di processi chimici
esclude la possibilità di scorie inqui-
nanti. Spesso accade che anche le
aziende che dichiarano di utilizzare
materie prime naturali, in realtà
sfruttano intensivamente il territorio,
distruggendo letteralmente l’am-
biente. Per questo, quindi, è nata
l’esigenza di una certificazione che
assicuri sia l’assenza di derivati chi-
mici, sia anche una coltivazione nel
rispetto del territorio: appunto la cer-
tificazione “bio”. In Italia vi sono as-
sociazioni e organismi che svolgono
una funzione di garanzia e controllo
in questo senso, tra cui l’Icea, Istitu-
to per la certificazione etica e am-
bientale, e l’Aiab, Associazione ita-
liana per l’agricoltura biologica, che
hanno stilato un vero e proprio docu-
mento contenente gli standard per
definire un cosmetico biologico e
ecocompatibile. In particolare, devo-
no essere banditi tutti gli Ogm e le
sostanze trattate con radiazioni io-
nizzanti, tutte le materie di origine
IL MAQUILLAGE PIÙ NATURALE
Meglio la certificazione
Quando si acquista un
prodotto di bellezza, bisogna
sempre leggere l’etichetta, in
cui devono essere riportati
tutti i componenti di un
cosmetico: ma è meglio non
fidarsi della semplice dicitura
“naturale” o “ipoallergenico”,
quello che conta è la
certificazione.
Idratanti al petrolio
La cosmetica tradizionale
usa tantissimi derivati del
petrolio che, oltre ad
inquinare l’ambiente,
possono provocare allergie.
Le creme cosiddette
“idratanti” spesso ricoprono
la pelle di uno strato che
impedisce la traspirazione,
facendo più male che bene.
Qualche consiglio
La pubblicità, si sa, è l’anima del
commercio e riesce ad influenzare
gli acquisti, soprattutto nella
cosmesi. Ma non sempre quel che
viene promesso è mantenuto e non
tutto quel che è venduto per
“naturale” lo è davvero solo perché
ce lo dice un costoso spot.
animale che determinino la soppres-
sione dell’animale stesso; inoltre,
per essere eco-bio il prodotto deve
rispettare criteri come la dermocom-
patibilità e l’eventuale tossicità per
l’uomo. Da non sottovalutare è an-
che l’imballaggio dei prodotti stessi,
che spesso non sono biodegradabili e
quindi altamente inquinanti. Il docu-
mento “disciplinare tecnico per la
ecobiocosmesi” contiene una lun-
ghissima lista delle sostanze organi-
che proibite, classificate naturalmen-
te con il loro nome scientifico, che
compare anche sulle etichette dei
prodotti da noi acquistati. Da alcuni
anni l’Unione europea ha previsto
l’obbligo di dichiarare sull’etichetta
tutti gli elementi presenti in un dato
prodotto, seguendo la nomenclatura
internazionale degli elementi cosme-
tici (INCI).
Ma cosa capisce il povero consuma-
tore leggendo parole lunghissime,
spesso impronunciabili? Poco e
niente, a meno che non sia un esper-
to in materia. È necessario, quindi,
conoscere alcune regole base per di-
stricarsi nella giungla dei nomi
scientifici: ad esempio, è bene evita-
re prodotti che contengono tensioat-
tivi derivati dal petrolio, non fidarsi
di deodoranti con alluminio e stare
attenti ai dentifrici: infatti, il tanto
decantato fluoro costituisce sì una
protezione dalle carie, ma in dosi ec-
cessive può divenire addirittura vele-
noso. Il grande successo dei cosme-
tici eco bio si spiega, in parte, pro-
prio per il numero sempre crescente
di allergie o irritazioni provocate
dall’utilizzo della cosmesi tradizio-
nale, che sfrutta in maniera massic-
cia derivati del petrolio. In una prima
fase, per ovviare a questo problema,
si sono studiati una serie di prodotti
ipoallergenici, che presentavano tut-
tavia una problematica evidente. Per
essere definito ipoallergenico, infat-
ti, il cosmetico doveva essere prima
testato sugli animali, e pertanto an-
dava contro principi etici ampiamen-
te condivisi.
La frontiera dell’eco-bio risolve que-
sta serie di difficoltà e oggi l’apertu-
ra verso il commercio equo e solida-
le inserisce questo campo in una di-
mensione sociale, a dimostrazione
che può esistere un’alternativa. In-
dubbiamente, per quanto aumentata,
la portata dell’industria “equo” è an-
cora piccola: questo determina la
possibilità, per il consumatore, di
trovare prezzi leggermente più alti
rispetto alla media; una sua maggio-
re diffusione, d’altra parte, contribui-
rebbe ad un abbassamento dei costi e
a rafforzare le economie locali. Co-
me tutte le innovazioni, c’è bisogno
di un po’ di tempo per abituarsi: ma
il risultato sarà sicuramente migliore
per noi stessi e per il mondo in cui
viviamo.
Chiara Falcone
INFO
WEB
www.aiab.it
www.icea.info
n° 8 - settembre 2009
nforma
20
Idee
L
a “moda” del biologico ha da
tempo investito il campo del-
la cosmesi, tanto che sempre
maggiore è il numero di case produt-
trici che pubblicizzano prodotti natu-
rali. Parliamo di “moda” perché, in
realtà, molte di queste creme chia-
mate naturali presentano nella loro
composizione molecole sintetizzate
chimicamente, che ben poco hanno
di biologico. In questo senso, quindi,
sotto l’etichetta di “biologico” è be-
ne saper distinguere chi usa davvero
prodotti naturali e chi ne sfrutta solo
l’immagine.
Diverso il caso dei nuovi cosmetici
equo-eco-bio, che, indubbiamente,
sono naturali doc:
l’espressione con-
traddistingue quei
prodotti che pre-
sentano la certifi-
cazione biologica
e che utilizzano
materie
prime
provenienti
da
paesi del Sud del
mondo per aiutar-
ne le economie:
insomma, si rispetta l’ambiente, si
aiutano gli altri e si usano sostanze
benefiche per il proprio corpo. Co-
m’è noto, il commercio equo e soli-
dale, che sempre più sta prendendo
piede in Italia, mira a stabilire un
contatto diretto tra i produttori delle
materie prime e i consumatori, senza
l’intermediazione delle multinazio-
nali, che spesso sfruttano in loco la
manodopera, sottopagandola, per
poi gonfiare in modo smisurato il
prezzo del prodotto finito. Al contra-
rio, nel commercio equo, chi lavora
e produce il prodotto decide il prez-
zo, che sarà congruo con il lavoro
svolto: in tal modo si favoriranno le
piccole economie locali, risollevan-
do la situazione di tante persone in
L’angolo del Professional Consumer
Lettera di un consumatore al Presidente Napolitano
Signor Presidente Napolitano,
Rivolgo a Lei l'invito di dare ascolto a un Professional Consumer, consumatore tra i consumato-
ri, per quanto abbia da dire sulla crisi economica che sconvolge il nostro tempo.
Si ascolta ad ogni piè sospinto il già detto; chi ha responsabilità politiche avvista terra incognita;
si imbastiscono procedure anticicliche e soccorsi monetari, debito su debito, da somministrare a
chi mostra debito d’ossigeno. Si fatica però ad individuare il punto di accumulo degli squilibri,
si vagheggiano i tempi per la svolta, se ne aggiorna ogni giorno la data.
Sono uno studioso dell’economia dei consumi. Le continue incursioni in tali territori mi hanno
consentito di individuare il luogo dove si sono prodotti gli squilibri del meccanismo economico
produttivo: una voragine sottratta alla vista dei controllori, da inattuali e attoniti paradigmi, dove
produzione, consumo e reddito sono affondati.
Solo la riorganizzazione delle competenze interne al meccanismo produttivo può configurare una
nuova possibile sintesi: nuove gerarchie, nuove misure e responsabilità; onori ed oneri, vieppiù
riequilibrate risorse di reddito. Il Professional Consumer rivendica questo patrocinio. Non una
sintetica creatura, un individuo invece attrezzato di tutto punto per quegli esercizi di mercato, che
per il contributo alla crescita si fa operatore economico ancorché civile.
Ecco, Signor Presidente, per questo rivendico merito di analisi; questa competenza metto a di-
sposizione. Pago però il prezzo dell'anonimato, non trovo ascolto se non in ricetti di nicchia in-
capaci di promuovere attenzione, generare dibattito.
La condizione di disabile mi esilia, se brandita diviene una risorsa per sollecitare attenzione.
Vengo sollecitato a farlo, la discrezione mi impone di resistere.
Confido nella Sua sensibilità nel voler ascoltare.
Mauro Artibani
www.professionalconsumer.splinder.com - www.professioneconsumatore.org
Dopo i cibi equo-solidali, ecco arrivare sui nostri scaffali anche i cosmetici equo-eco-bio: come
far bene a se stessi e alla propria pelle, aiutando l’economia dei paesi del Sud del mondo
Spesso anche aziende
che dichiarano
di usare materie prime
naturali sfruttano
intensivamente
il territorio
Trucco al naturale
Nella scelta dei cosmetici, è
giusto prediligere i prodotti
equo-eco-bio: sono al 100%
naturali, quindi non possono
produrre allergie, sono
realizzati nel rispetto
dell’ambiente, senza
sfruttamento del territorio, e
aiutano le economie dei
paesi del Sud del mondo.